Amore di sé e degli altri

Altruismo ed egoismo

“Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto, possono dimenticare ciò che hai fatto, ma non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire”.
(M. Angelou)

L’altruismo viene comunemente contrapposto all’egoismo. Il primo è socialmente approvato, il secondo stigmatizzato in senso negativo.
Altruismo ed egoismo non sono alternativi. Possono anzi essere considerati come due facce della stessa medaglia: quella dell’Amore, che può manifestarsi nella forma sia di Eros (attrazione affettiva e sessuale) sia di Agape (dedizione, afflato verso l’altro).
Entrambi, altruismo ed egoismo, possono manifestarsi in modo sano e maturo, oppure, più spesso, in modo patologico, sia nelle relazioni di coppia che nei rapporti di amicizia.

L’altruismo sano si mostra come oblatività, come propensione disinteressata e compassionevole verso l’altro. Ma può sfociare in oblatività coatta, ossia in modalità che sono apparentemente finalizzate al bene esclusivo dell’altro, ma che proprio nell’eccesso di zelo, esprimono contestualmente il soddisfacimento di un bisogno di chi assiste ed aiuta. In qualche modo diventa anche “altruismo egoistico”.
“È talmente difficile amare se stessi che si preferisce amare gli altri” (M. Macrì).

Nell’eccessiva oblatività, c’è un surplus di empatia, un bisogno di aiutare e di assistere l’altro, che in origine era stata probabilmente una richiesta di amore e di attenzione per sé.
La dedizione prevalente per l’altro è un meccanismo di difesa complesso (identificazione proiettiva) che ha il duplice scopo di negare questo originario bisogno e contemporaneamente di “ripararlo” nell’altro.
Una “rinuncia altruistica” che si consuma (letteralmente, quando questa dedizione è eccessiva, al limite del masochismo) nel tentativo illusorio di “amare se stesso amando l’altro”.
Con la disponibilità continua ed infaticabile verso l’altro, chi ama incondizionatamente cerca di placare un sottostante senso di colpa, collegato al proprio bisogno di essere amato e di amare in modo complementare.

Anche l’egoismo si sviluppa lungo un continuum che va dal sano amore di sé, fondato su una sufficiente autostima, all’egoismo immaturo, proprio di chi ricerca sistematicamente l’appagamento delle proprie esigenze, anche a scapito degli altri, facendo abuso della disponibilità dell’altro.
È una sorta di “amore captativo”, centrato su di sé, compulsivamente orientato a ricevere senza preoccuparsi dell’altro, come soggetto portatore dei medesimi bisogni.
Una dipendenza dall’altro, tipica dei bambini, funzionale e vitale nel rapporto precoce mamma-bambino, ma che può in seguito diventare patologica, perché non prevede lo scambio reciproco e paritario, proprio dell’amore adulto fra persone mature.

Perché altruismo ed egoismo possono scivolare in modalità incongrue?
In entrambi i casi alla base c’è un’insufficienza di amore di sé, che spinge a ricercare incessantemente nell’altro il nutrimento affettivo carente.
Senza un adeguato amore per se stessi, che si acquisisce nel modello di attaccamento trasmesso dalla madre, non si è in grado di amare autenticamente nessun’altra persona.
Se non si ama la propria vita, non si vede come si possa amare quella dell’altro.
Quello che caratterizza un rapporto d’amore e di rispetto autentico è la compenetrazione del desiderio di dare e del desiderio di ricevere. Chi ama realmente è attivo e gioioso sia nel dare che nel ricevere.
Una relazione matura si fonda sulla reciprocità, ricerca un appagamento simmetrico. Nessuno pretende o desidera cambiare l’altro o renderlo dipendente, perché ognuno riconosce all’altro pari dignità. Il rispettivo bisogno di ricevere si trasforma nel desiderio di dare e di donarsi.
Non più antitetici, altruismo ed egoismo possono così diventare complementari.

Amare se stessi e il prossimo

“Ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt. 22, 40)

È stato Gesù, più di ogni altro, a rendere rivoluzionario per il mondo questo messaggio, mai sufficientemente compreso e, soprattutto, non ancora realizzato su questa terra.
Amare il prossimo come se stessi sostanzialmente vuol dire che non puoi amare gli altri se non ami in primis te stesso e che, quindi, puoi amare gli altri esattamente come ami te stesso: non di più e non di meno.
Il fondamento di questo principio equipara noi (io, te, ciascuno indistintamente) agli altri, non separa l’amore di sé dall’amore dell’altro. In concreto vuol dire che difficilmente riuscirai a dare autenticamente agli altri ciò che non sei in grado di dare a te stesso.
“Io stesso sono il mio prossimo (Terenzio).

Tante persone non hanno capito questo precetto e continuano ad agirlo equivocamente, di fatto inseguendolo all’infinito. Non avendo compreso che fra sé stessi e il prossimo non c’è alcuna differenza, e che il prossimo siamo noi stessi agli occhi dell’altro, non si soffermano mai abbastanza a lungo in una relazione (di amore o anche di amicizia). Per loro l’amore è sempre incompleto, l’altro non è mai abbastanza. Non li sfiora nemmeno l’idea che prima di cercare l’Altro, prima di poter amare l’Altro (ed essere amati), devono trovare sé stessi.
Così, sempre incompleti e insoddisfatti, vanno continuamente alla ricerca del successivo, del “prossimo”.

Il passaggio successivo del messaggio di Cristo è la reciprocità, che dalla parità io-prossimo discende.
Cosa desideri dagli altri? Amore? Comprensione? Lealtà? Rispetto? Qualsiasi cosa ti aspetti, dalla tu per primo. Se ti aspetti un gesto, un’azione concreta, falla tu intanto.
“Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”.
Anche qui: nulla di più e nulla di meno. Non è solo un precetto cristiano; direi: è un principio etico universale.
“Cosa devo fare per amare gli altri”, chiese allora il discepolo al Maestro.
“Smetti di odiare te stesso”, gli rispose il Maestro.
Diversamente, infatti, vorrebbe dire che ami gli altri affinché gli altri amino te, creando di fatto non un rapporto libero, simmetrico e paritario, ma un rapporto di reciproca dipendenza.
Se invece “ami” solo te stesso e non ami gli altri, vuol dire che non alimenti la linfa vitale, l’energia della vita che è l’Amore. L’amore implode su sé stessi e crea chiusura, stagnazione e assenza nelle relazioni, che diventano così asfittiche e vuote di slancio: due persone sole che sfiorano le rispettive solitudini senza colmarle.
L’interesse egoistico verso sé stessi manifesta solo che sei un narcisista che crede di essere un gigante e invece è soltanto un nanerottolo.
L’Amore vero è un sentimento fatto di parità, reciprocità e simmetria. L’Amore di sé e l’amore degli altri sono indisgiungibili.
Al di là dei ruoli, di ciò che la vita ci chiede, alla base del nostro essere-in-relazione c’è la necessità di rimanere centrati su di sé, perché non è possibile vivere e completarsi pienamente se non amiamo attraverso l’amore di sé stessi.
Non è necessario essere cristiani (Christ-in, Cristo dentro) per amare il prossimo come se stessi, ma semplicemente ripartire da sé stessi come “prossimo”; per ritornare ad Amare in pienezza e unità con sé stessi, gli altri e il Mondo.

È evidente che si tratta di una visione ideale dell’Amore, una prospettiva verso cui tendere. L’amore perfetto evidentemente non esiste; l’amore più duraturo è spesso il più improbabile, quello reale è la somma di tante imperfezioni, di cui si deve comunque avere sempre reciproca consapevolezza.
L’amore vero è quello di un adulto che lo esprime come un bambino gioioso, che ama e tratta gli altri e il mondo come fossero parte di sé stesso. Se non amiamo prima noi stessi, come pensiamo possa farlo un altro? Perché mai dovrebbe, se noi per primi non siamo disposti a farlo, non ne siamo esempio.
Quindi, ognuno pensi prima a salvare sé stesso e poi si disponga a ricevere l’amore, perché solo amandoci potremo sentire finalmente di meritarlo. Dimostrando poi interesse autentico verso l’altro, riusciamo finalmente a riconoscerlo come una persona che ha il medesimo “diritto” all’amore.
Per avere l’amore, non devi “avere” l’amore, devi tu “essere” l’amore! Perciò AMA TU PER PRIMO!
“Qualunque cosa desideri, donala tu per primo” (S. Kriyananda).

Ecco ciò che Gesù ha fortemente raccomandato come principio da realizzare non nel regno dei Cieli, ma su questa terra: “Ama il prossimo tuo come te stesso”; che nella prospettiva ora indicata diventa: “Dai agli altri ciò che vorresti fosse dato a te”.
Per essere amato, devi amare tu per primo; per essere capace di amare, devi principalmente amare te stesso.
L’amore di sé non è in contrapposizione all’amore dell’altro. Prenditi cura di te, impara a volerti bene e verrà da sé voler bene a chi ti vuol bene.

Questa dal punto di vista psicoanalitico è in sintesi la distinzione fra narcisismo patologico e narcisismo sano (amore di sé, autostima), fra egoismo immaturo e amore maturo.

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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