Angoscia esistenziale

L’universo e la persona

Le lancette si impigliano sul quadrante, le ore si nascondono come bambini stupiti e la parola “prima” e la parola “dopo” ammutoliscono.
Ogni cosa aspetta dalla tua mano il tocco dell’eternità.
(F. Caramagna)

Nel momento in cui la Scienza scopre l’esistenza di migliaia di pianeti che ruotano intorno a stelle diverse dal nostro Sole, di fronte all’immensità dell’Universo, la risposta individuale è di continuare a percepirsi come fossimo, ciascuno di noi, il “centro” del creato.
Perché è così difficile per noi comuni mortali smettere di sentirsi l’ “ombelico del mondo”?
La risposta più semplice è che la consapevolezza di questa “presenza infinitesimale” dell’uomo nel macro Cosmo suscita un’angoscia insostenibile.
Come riusciremmo a convivere con la convinzione annichilente di essere “polvere” e sostanzialmente insignificanti e impotenti?
Qualunque sia il senso del nostro “essere al mondo” (e un senso comunque c’è, anche se siamo soltanto in grado di sfiorarlo, ma non di coglierlo compiutamente) non possiamo rimuovere l’angoscia esistenziale primaria attraverso una massiccia negazione della nostra (presunta) nullità.
Né tantomeno con una risposta, altrettanto illusoria, coltivando uno spropositato senso di Sé, che vorrebbe per ipercompensazione coprire il senso di vuoto opprimente.
“Polvere siamo e polvere torneremo” non vuol dire, secondo le acquisizioni scientifiche più recenti, il nostro annullamento al di fuori dell’ambito ristretto della nostra realtà materiale, alla quale ci abbarbichiamo disperatamente proprio per dimenticare di essere “nulla”.

Eternità

Dato che “l’Essere è” – afferma il filosofo Severino – secondo il principio di non contraddizione, non può mai diventare un Nulla.
Ogni cosa, ogni pensiero, ogni attimo sono eterni.
Il divenire temporale rappresenta l’apparire successivo degli eterni stati dell’Essere, così come i fotogrammi di una pellicola si susseguono sino a formare lo svolgimento completo di un film.
Ciò significa che, quando un Essere esistente esce dal “cerchio dell’apparire”, non diviene un nulla.
Le cose continuano ad esistere anche quando scompaiono ovvero non si vedono.
Il divenire è come lo scorrere degli oggetti sulla superficie di uno specchio.
Le cose, infatti, esistono prima di entrare nel campo visivo dello specchio e ovviamente continuano ad esistere anche dopo esserne uscite.
La vita non si conclude dunque con la nostra morte fisica.
La nostra esistenza (che ora si esprime attraverso il nostro Sé nella coscienza che abbiamo di noi stessi, come corpo e come mente) è dunque universale ed eterna: materia, luce, energia sono gli spazi (senza tempo) in cui si svolge l’eterno divenire delle cose.
La nostra coscienza (Sé ontico) preesiste al corpo fisico e permane, ritornando parte di una più ampia coscienza universale.
Qui le religioni e le scienze si incontrano, per poi dividersi di nuovo nella “narrazione” del senso e del significato di questo “eterno ritorno”.

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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