Dalla gioia delle piccole cose alla dipendenza patologica
“Vi sono buoni rimedi contro la malinconia:
canto, fare musica, fare poesie, vagare senza meta.”
(H. Hesse)
Ai rimedi richiamati da Hesse, aggiungiamo pure: fare l’amore, fare attività fisica, meditare, pregare, e in genere tutte le attività semplici capaci di procurarci sensazioni di serenità, piacere e gioia. Queste cose creano benessere perché stimolano la produzione di endorfine endogene, mediatori fisiologici presenti nel nostro cervello quando siamo in stato di rilassamento, beatitudine e pace. Le endorfine sono la droga fisiologica che la natura ci mette a disposizione per procurarci sensazioni complessive di benessere. Sono la base psico-neuro-endocrina dello star bene, della felicità. Quando per qualunque causa viene meno la capacità di procurarci piacere in modo naturale, cadiamo nella condizione opposta di noia, depressione e infelicità.
Questo spiega il successo facile delle sostanze capaci di portare dall’esterno endorfine esogene nel nostro cervello. Tutte le droghe, dalla cannabis, alla cocaina, agli oppiacei simulano artificialmente la produzione nel nostro corpo di endorfine per procurarci un apparente piacere immediato.
Sono sostanzialmente una truffa, un auto-inganno che ci infliggiamo, per compensarci di una mancanza, una carenza delle normali, naturali fonti di soddisfazione, gioia e appagamento. Sembrerebbe dunque semplice la prevenzione delle dipendenze. Basterebbe fare, assecondando le nostre personali propensioni, sport, musica, canto, danza, sesso, ecc.; così come pregare, meditare, dedicarsi ad attività artistiche e creative.
Il passo dalla gioia delle piccole cose alla dipendenza patologica è purtroppo assai corto e l’insidia è subdola. Il guaio è che una volta innescato il circuito del piacere facile fornito dalle droghe, la naturale capacità di produrre endorfine endogene diminuisce fino a sopprimersi, costringendoci a procurarcele dall’esterno, in un cortocircuito mortifero di progressiva e insopprimibile dipendenza.
In ambito specialistico non si parla più di tossicodipendenza in generale ma di dipendenza patologica, intendendo che la tossicità non è data tanto dall’oggetto esterno in sé (sostanza, comportamento, ecc.), quanto dal rapporto che stabiliamo con quella cosa. Se sono io che gestisco il rapporto con quella cosa e la ricerco per piacere, allora quel rapporto è sano; ma se io sono costretto ad assumere qualcosa (sostanza, farmaco o altro) o fare qualcosa (comportamento compulsivo), non per piacere ma fondamentalmente per sopprimere la sofferenza che mi procura la mancanza, allora quel rapporto è diventato patologico, perché non è più funzionale al mio star bene (ma solo reattivo al mio star male), non è più al mio servizio, ma sono io schiavo di quella cosa e ne sono dipendente in modo tossico..
Qualunque dipendenza (anche dalle attività e dai comportamenti che inizialmente ci danno piacere) diventa quindi patologica quando non siamo più noi a gestire tempi e modi con cui ci rapportiamo alle cose, ma sono queste stesse cose (gioco d’azzardo, shopping compulsivo, internet, sesso virtuale, videogame, tecnologia, ecc.) che ci dominano, costringendoci a ripeterle non più per provare piacere ma, tragicamente, per sopprimere il dispiacere o la sofferenza che avvertiamo quando non le facciamo.
Perciò “facciamo l’amore”, parafrasando un vecchio slogan pacifista, “Make Love not War”, che io più estensivamente traduco nel senso di fare con amore, verso se stessi e gli altri, qualunque cosa ci faccia star bene, ci procuri in modo naturale una condizione di quiete mentale che ci riconcilia con il mondo. Lasciamo perdere le guerre: da quella chimica a quelle per l’accaparramento di beni, oggetti, persone, potere, successi effimeri, che altro non sono che il sintomo della nostra sconfitta verso una esistenza vissuta con gioia e con un senso appagante di appartenenza e di condivisione della Vita.
Dipendenza affettiva
“Se la tua felicità dipende da quello che fa qualcun altro, credo proprio che tu sia alle prese con un problema” (R. Bach).
Anche la dipendenza affettiva si fonda e si sviluppa sul medesimo meccanismo. È infatti assolutamente normale essere felici in presenza di una persona che amiamo. L’essere umano non ricerca solo il piacere in sé, ma il “piacere della relazione”. Non è normale però credere che sia l’altro a rendermi felice, che solo lui/lei sia capace di farlo, e che quindi io senza di lui/lei sono vuoto, senza possibilità di essere felice. L’amore da naturale tendenza alla relazione diventa un obbligo, un dovere; nella dipendenza affettiva questa richiesta, che diventa pretesa, è rivolta verso l’altro: “poiché non posso vivere senza, l’altro mi deve amare, a tutti i costi…”
Il valore che attribuiamo agli altri non deve mai essere superiore al valore che attribuiamo a noi stessi. Essere felici è una possibilità, uno stato della mente che tu: o sei o non sei capace di vivere. Se non hai perso la capacità di provare la gioia anche nelle piccole cose quotidiane, vuol dire che hai le potenzialità per ricreare quello stato, ricercando le condizioni (interne ed esterne) per attivarlo. L’altro, al più, può avere il merito, consapevole o inconsapevole, di averlo innescato, come in una potente trasformazione chimica.
L’incontro simmetrico fra due persone che vibrano all’unisono ha il potere di liberare qualcosa che è già presente in ciascuno dei due: molecole d’emozioni che si intrecciamo come girandole in una potente alchimia. Bisogna perciò smettere di delegare la propria vita a chiunque altro. Non è l’altro a renderti felice, perlomeno lo è solo fino al punto che tu gli concedi e che tu in ogni caso puoi ricambiare rendendo felice lui/lei.
È la democrazia del Bene e dell’Amore: senza parità non c’è relazione. Dobbiamo allora riprenderci il potere che ci spetta di essere padroni della nostra mente, rinunciando alla velleità di essere il dominatore della mente degli altri. Il potere che tu hai su te stesso è sempre più importante e salutare del potere che gli altri hanno su di te.
(Sul medesimo argomento, vedi anche l’articolo precedente: La guarigione dalle dipendenze )
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Circa l'autore:
Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano