Ingratitudine

Perle ai porci

“Non date le cose sacre ai cani e non gettate le perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”
(Gesù)

La perla è il risultato dell’entrata all’interno dell’ostrica di una sostanza estranea (come un parassita o un granello di sabbia) all’interno dell’ostrica.
Quando questo accade la conchiglia, che contiene al suo interno una sostanza brillante chiamata madreperla, inizia a ricoprire il granello con vari strati per proteggere il corpo indifeso dell’ostrica.
Si forma così la perla, che dunque è il prodotto di una difesa dal dolore, come la cicatrizzazione di una ferita.
Il senso della frase di Gesù, rivolta ai discepoli (ed estensivamente a tutti) è chiaro e sempre attuale.
È un monito a non disperdere parole, energie, impegni con le persone che non stanno ad ascoltarti e che non sono in grado (o non vogliono) comprendere. È la metafora espressiva dell’ingratitudine.
Queste persone sono spesso ambivalenti, arroccate su se stesse, non aperte a nessun confronto; sovente covano invidia o risentimento, alla prima occasione ti attaccheranno anche, semplicemente perché preferiscono continuare a vedere le cose a modo loro, anche contro ogni evidenza.
Il punto non è sentirsi migliori o peggiori di nessun altro; non puoi pensare infatti di donare e amare gli altri e non puoi perdonare davvero, se ti poni su di un gradino superiore o se ti reputi migliore di un’altra persona: questo significa solo alimentare il proprio egocentrismo.
Il punto invece è avere piena consapevolezza sulle nostre relazioni, di ciò che diamo e di ciò che riceviamo, avendo pieno rispetto degli altri ma anche di noi stessi.
Io non uso gli altri solo per le mie esigenze e i miei bisogni, ma per ciò stesso pretendo di non esssere a mia volta ri-usato.

Il monito di Gesù pone la distinzione fra Amore e Sacrificio.
Ci esorta a essere consapevoli, a saper riconoscere il valore delle persone e delle situazioni, e di quello che autenticamente siamo in grado di donare agli altri.
Un equilibrio fra il dare e l’avere dovrebbe sempre esserci, proprio perché siamo tutti portatori dei medesimi bisogni di base e degli stessi diritti.
Ma non sempre c’è questa reciprocità, perché c’è chi è più abituato a prendere e non è molto propenso a dare; e c’è chi invece è più propenso a dare, senza sosta.
Ovvio che il “bilancio affettivo” può poi risultare in rosso!
Che fare allora di fronte all’ingratitudine?
Continuare a dare, senza aspettarsi nulla, solo per il piacere di dare (è già “ricompensa” questa…).
Ma anche aprire gli occhi e non continuare a dare indefinitamente “le perle ai porci”…
Amare non è buttarsi via (“rimani nella mia vita anche se mi fai del male, tanto io sono buono e perdono tutto”); sacrificio non è rinuncia (“non importa se non sei riconoscente, se non mi dai mai nulla, se sei interessato a me solo per ciò che io ti do, non perché anche tu sei interessato a me, tanto io sono sempre qui pronto e disponibile a sacrificarmi per te”).
Amore è reciprocità, simmetria e parità; è condivisione (cum=insieme), nel senso di avere interesse al bene di tutte le parti e non di una sola!
Sacrificio significa invece “rendere sacro”, ovvero trasmutare questo atto in qualcosa di più elevato e transpersonale (cioè oltre l’egoismo individuale).
Se dunque doniamo senza fine le nostre “perle ai porci” violiamo l’ordine naturale dell’amore, sminuiamo di fatto il senso vero del per-dono (cioè fare di sé stessi un dono); alimentiamo così solo gli egoismi in gioco, impedendo ai “cani e ai “porci” di mostrarsi per ciò che sono, e a noi di fare la nostra parte: a differenziare ciò che è Bene da ciò che è Male, l’Amore dal suo contrario: la Paura, la chiusura, l’egoismo e l’indisponibilità a dare.

Questo non significa che bisogna smettere di condividere la propria positività, di condividere la propria umanità.
Condividi pure la tua saggezza, la tua compassione; condividi il tuo essere amorevole, il tuo sapere essere gioioso, il tuo saper “farti dono”.
Condividi ciò che sei e ciò che puoi.
Se hai delle perle, spargile, non preoccuparti che vadano ai porci o ai santi… gettale, una, due, dieci volte ma … dopo finalmente fermati e attendi!
L’importante è che tu abbia consapevolezza di questa asimmetria.
Se non c’è reciprocità non ci può essere nemmeno parità.
Non puoi quindi aspettarti nulla!
Se diamo indefinitamente le “perle ai porci” faremo loro credere che di perle nel mondo ve ne siano in abbondanza (una inflazione che toglie in fondo valore all’amore stesso).
È quando non diamo più le “perle ai porci”, nella mancanza (forse) si accorgeranno di quello che avranno perduto e (forse) finalmente cercheranno di coltivarle anche loro!
Solo così i “porci” possono diventare persone consapevoli e solo allora potrà esserci vera condivisione.
Impariamo a dire no all’ingratitudine, a coloro che non chiedono mai scusa, all’invidia, alla incapacità di “amare il prossimo come se stessi”.
L’ espressione “perle ai porci” è un monito a non sprecare risorse emotive ed affettive con chi in fondo non se lo merita.
Rispettare se stessi e dare il giusto valore all’altro: è questo il solo modo per creare relazioni autentiche.
Non come semplici accozzi di atomi solitari che caratterizzano i mille “contatti” impersonali nel caos sociale dei nostri tempi.
Nonostante le fatiche, le prove, i dispiaceri, i contrattempi, le cattiverie e le ingiustizie di ogni giorno, c’è sempre qualcosa nella nostra vita per cui provare gratitudine.
Qualcosa rispetto alla quale possiamo solo dire: GRAZIE!
È una parola che non usiamo mai abbastanza, una parola che possiede una grande potenzialità, una parola che illumina, immunizza contro l’ingratitudine, che armonizza e che guarisce: “grazie”.
Niente è più importante che sentire interiormente il senso di gratitudine, prima ancora di dirlo: “con tutto il mio cuore, con tutto il mio pensiero, con tutta la mia anima e con tutto il mio spirito, grazie!”
Non diamo quindi tutto per scontato, impariamo a godere di ciò che ci circonda.
Di solito insegniamo ai bambini a dire “grazie” e poi ci dimentichiamo di farlo noi!
Abituandosi giorno dopo giorno a pronunciare interiormente la parola “grazie”, è come imparare ad usare uno strumento “magico” in grado di trasformare il modo di vedere le cose.
Il ringraziamento è come una energia vitale, una vibrazione di purezza che si propaga in un mondo dominato dal negativo e dall’ostilità.

“E la sera raccoglie ciò che il giorno spariglia. E a volte viene fuori una collana di perle, altre una corona di spine.”(Esercizinvolo, Twitter)

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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