Innamoramento e amore

Nel giorno di San Valentino

“Amare significa sperare di vincere tutto rischiando di perderlo, e significa anche, a volte, accettare il rischio di essere meno amati di quanto si ami.”
(G. Musso)

In questo “magico” giorno, in cui tutti sembrano propensi a romantici illanguidimenti, è bene rammentare che San Valentino è diventata (anche se non si sa come) la festa degli innamorati, non dell’Amore.
Una festa peraltro antica, nata per soppiantare una festa pagana, ma poi di fatto trasformata in una tradizione tutta mondana; un consumismo materialistico spesso ammantato di affettato romanticismo.

L’opinione comune non distingue ancora fra innamoramento e amore, non solo fra i giovani, ma anche fra gli adulti, che pure hanno avuto esperienze amorose e quindi hanno vissuto le complesse vicissitudini dell’evoluzione dell’innamoramento verso l’amore maturo.
L’innamoramento in effetti è la fase nascente dell’amore, ma è solo l’inizio. L’Amore vero è altra cosa.
L’innamoramento è uno statu nascenti, naturale, facile a spuntare come i papaveri nei campi in primavera. È caratterizzato dall’attrazione assoluta e crescente per un’altra persona, di cui non si conoscono nemmeno tutti i motivi (anche se, a posteriori, cerchiamo razionalmente di spiegarcelo).
All’inizio ogni amore nasce da un bisogno personale che, per trasformarsi in desiderio comune, deve confrontarsi con il bisogno dell’altro.
Originariamente l’innamoramento rappresenta quindi un bisogno individuale che tende a ricreare l’estasi della fusione con la persona amata, esperienza che accomuna tutti, uomini e donne, e rimanda all’amore primario mamma-bambino.
Quando una persona si innamora di me (almeno così crede…), si innamora in parte di un sogno, di una proiezione. In quel particolare momento della sua vita, io rappresento lo schermo ideale del suo sogno.
Normalmente quando siamo attratti da qualcuno, fondamentalmente quella persona diventa l’oggetto dei nostri desideri, delle nostre proiezioni. Ovviamente, non è uno schermo a caso, deve in qualche modo possedere “qualcosa” che è all’origine del nostro investimento emotivo, di quello statu nascenti.
Nello stato di innamoramento, le due persone coltivano la convinzione reciproca di essere le “migliori” del mondo. È chiaramente una “illusione” (carica di tutte le proiezioni e le aspettative dell’uno verso l’altro partner) e come tale ha una potenzialità trasformativa straordinaria (da qui la “nostalgia” per questa condizione straordinaria del corpo e della mente, e il bisogno perenne di innamorarsi).
Il processo di realizzazione di tale illusione (fatto di momenti di beatitudine, stati d’incanto, passioni indistinte, così come di profondo sconforto, disperazione e sofferenza) è il passaggio verso l’amore, dove l’altro, rispettivamente, caduta la maschera dell’illusione, appare con il suo vero volto.
L’amore iniziale è sempre sostenuto dalla potenza dell’illusione, ma poi lentamente il vero si svela ed io vengo ri-conosciuto per ciò che sono.
Quando evolve verso un esito positivo, il partner ci appare per quello che realmente è, non più come un meraviglioso oggetto-Se’, un prolungamento di noi stessi, ma al massimo come “meno peggio degli altri”; una persona per noi comunque speciale e, ora affrancati dal bisogno iniziale, degna di essere scelta liberamente, al di là del progetto comune che sapremo costruire.
Davide Lopez con sottile ironia definiva questa comune posizione libidico-emotiva della coppia matura come “libera schiavitù reciproca”.
Perché questo amore, reale, concreto, depurato dagli eccessi di romantisismo infantile, non si trasformi nella “tomba dell’innamoramento” è necessario che i due partner (due Persone distinte divenute coppia) diano il meglio di sé, prodigandosi nell’arte della “coltivazione”, tenendo in vita, giorno dopo giorno, la pianta delicata nata dall’innamoramento. È qui che si snoda il passaggio dall’innamoramento all’amore.
È dunque solo nell’incontro reale, non ideale e illusorio, che è possibile lo sviluppo del rapporto che dovrebbe poi portare alla “fase due”, ossia la possibilità che quell’incontro, quell’innamoramento possa evolvere in una vera relazione d’amore; che è qualcosa di profondamente diverso e più complesso del “semplice” innamoramento.
Qui si gioca il destino di un rapporto fra due persone reali e non più dell’illusione che ognuno dei due ha riposto nell’altro.

Al di là delle descrizioni teoriche o scientifiche (l’amore è più arte che scienza), il punto cruciale è proprio lo snodo fra innamoramento ed amore. Sono infatti convinto che una relazione d’amore debba sempre passare da un iniziale innamoramento, perché solo quello “statu nascenti” trascina con sé tutta la forza biologica, pulsionale, libidico-emotica necessaria (ma non sufficiente) per il successivo sviluppo in amore.
L’amore maturo implica il passaggio dall’ “Io e Tu” al “Noi”, che è qualcosa di qualitativamente diverso dalla semplice somma dei due partner. La coppia, il Noi, è un’unità fatta da due persone che si amano, si scelgono reciprocamente e stanno insieme come desiderio di arricchimento: come “lusso”, non come semplice bisogno di completamento con l’altro.
“La dipendenza affettiva è una costrizione che viene dal bisogno:
E’ un’energia negativa che incatena.
L’amore autentico è una scelta che viene dal desiderio.
E’ una forza spirituale che libera”
(R. Calia).
Si tratta di costruire passo dopo passo una relazione fatta da condivisione di intenti, interessi, visioni, ecc., ma anche di differenze e di “egoismi maturi” di entrambi. Una relazione fra due persone “intere” e non due metà che cercano il proprio completamento.
Questa relazione non la si costruisce una volta per tutte. Al contrario dell’innamoramento, che si nutre e si consuma autonomamente (una sorta di delirio a due, dove ognuno illusoriamente pensa che l’altro sia il migliore di tutti), la relazione d’amore va coltivata continuamente (come una pianta delicata), sapendo tenere viva la “tensione relazionale” di quella passione iniziale.
Se questo non avviene, ecco il trionfo del più classico dei luoghi comuni (“il matrimonio è la tomba dell’amore”).

Sano egoismo ed amore maturo

Per amare profondamente bisognerebbe prima imparare a stare da soli, ad avere fiducia in se stessi; non sfuggire la solitudine, avvertita come abbandono dagli altri. È da un buon rapporto con se stessi che si può sviluppare poi un miglior rapporto con l’altro.
L’accettazione di se stessi è la base per accettare l’altro e rispettarlo. Amore di sé e amore dell’altro non sono in antitesi, non sono contraddittori ma complementari. Solo da persone distinte, autonome e indipendenti, possiamo amarci reciprocamente in modo paritario.
Qui il modello di riferimento (ideale ma non idealizzato) è quello di due persone che sanno modulare la relazione, conservando le proprie identità, entrando ed uscendo con i tempi giusti dalla posizione “fusionale” a quellla “schizoide” (non spaventi la parola, che sostanzialmente descrive il rapporto personale più profondo con il proprio vero Sé).
Amare significa vedere l’altro non come il “migliore”, ma per quello che realmente è, non idealmente. E sceglierlo comunque con i suoi pregi e i suoi inevitabili difetti.
Non vale alla lettera l’affermazione di comodo “se mi ami, devi amare anche i miei difetti!”. Sta a ciascuno dei partner, in virtù proprio dell’amore verso l’altro, saper gestire i propri limiti e cercare di non riversarli sull’amato.
Ci vogliono responsabilità e capacità di coltivare le cose positive, mettendo sullo sfondo (dato che non possono sparire!) gli aspetti negativi.
Bisogna abbandonare l’intenzione di cambiare a tutti i costi l’altro, di farlo diventare come lo vorremmo. Se vuoi cambiarlo, significa che non lo ami per quello che è.

Cos’è infatti che spinge molte coppie ad incaponirsi in un’incessante ed estenuante conflittualità, se non il perdurare del desiderio di cambiare l’altro?
Perché non si rinuncia facilmente all’illusione originaria che ci ha fatto innamorare dell’altro?
Questa illusione è manifestazione della “volontà di potenza” di un Io che si oppone a diventare parte di un “Noi”.
La sua rinuncia implica l’accettazione del parziale fallimento del proprio investimento affettivo, che è originariamente narcisistico, quindi parte del Sé. L’insistere nel conflitto è il tentativo di evitare la ferita narcisistica, di ammettere la sconfitta e affrontare il lutto della disillusione.
Nel profondo di questa “lotta mortale” c’è l’estremo tentativo narcisistico di piegare definitivamente l’altro al proprio desiderio. Quale maggior trionfo narcisistico vincere una battaglia impossibile e farsi amare dalla persona “sbagliata”?
È qui che il narcisismo incontra la sua vera anima gemella: il masochismo. Piuttosto che cambiare a tutti i costi qualcuno, è più salutare che sia tu a cambiare qualcosa, perché questo non dipende dall’altro, ma dalle tue possibilità.
Il passaggio dall’innamoramento all’amore di coppia si gioca proprio sull’abbandono essenziale del narcisismo infantile onnipotente per trasformarlo in narcisismo maturo e sano egoismo, del tutto compatibili in una relazione d’amore fra due persone fondata sulla reciprocità, la simmetria e la parità.

L’amore di sé, ossia una equilibrata autostima, un sentimento sereno di autoefficacia, un egoismo sano non prevaricatorio e rispettoso dell’altro, non va confuso con il narcisismo patologico.
Il narcisista malato in realtà non si ama affatto. Cerca di colmare il “vuoto” di sé, spacciandosi per uno “pieno” di sé. Cerca dall’altro l’amore che non ha per se stesso.
Poiché ha bisogno compulsivamente di questa conferma, pretende l’amore, fa di tutto per averlo, al punto di abusare dell’altro, usarlo come oggetto, manipolarlo a suo piacimento come un oggetto-Sé.
Ma poiché non si ama, inevitabilmente, presto o tardi, in ogni rapporto ottiene ciò che cerca disperatamente di negare, ossia di non essere amato!

Questo sano sentimento di sé potrebbe così essere rappresentato:
“Io sto bene con me stesso, mi reggo autonomamente su me stesso.
Con te sto ancora meglio, ti scelgo liberamente per quello che sei.
Non ti amo perché ho bisogno di te, ma desidero stare con te perché ti amo.”

Ovviamente c’è tanto altro: non a caso l’amore è il tema più presente nella letteratura, nel cinema, nell’arte. Evidentemente (per fortuna, direi io) qualcosa sfugge ad ogni descrizione e l’amore rimane ancora un meraviglioso mistero.

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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Commenti

  1. Gianni  Febbraio 17, 2023

    Grazie a lei Dottor Calia, grazie a lei.

    rispondere
  2. GIANNI  Febbraio 16, 2023

    Buon giorno Dottor Calia.
    Non nego il mio stupore nel notare che a differenza delle altre volte, nessuna persona del gruppo abbia commentato il suo articolo. Argomento delicato? Anacronistico data l’età? O cosa?
    Ma l’amore, non è quella cosa meravigliosa che non ha ETA’?

    rispondere
    • Roberto Calia  Febbraio 16, 2023

      Evidentemente è così. L’amore è il vero motore che muove il mondo, è il tema centrale della vita, ma viene spesso frainteso, in senso relativo, con l’amore di coppia, che è certamente il fulcro del nostro “essere in relazione”. Il mio contributo, nel giorno di San Valentino, festa abusata spropositatamente in modo genericamente “romantico”, voleva solo essere un tentativo di proporre un aspetto che andrebbe sempre tenuto in vita e coltivato nella nostra esistenza. Grazie del commento.

      rispondere

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