Umiltà

Dal narcisismo all’umiltà

“Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà.” 
(Sant’Agostino)

Essere umili viene confuso con l’essere insignificante, senza valore: l’esatto contrario di ciò che ci chiede oggi una società fondata sull’ostentazione, sull’esaltazione, sull’ipertrofia.
Il delirio narcisistico, tipico della nostra cultura contemporanea, non riesce a tollerare l’umiltà. La confonde con l’inferiorità. Per il narcisista, l’umiltà rappresenta un’offesa alla sua altezzosa superbia.
In un’epoca dove prevale la rappresentazione, la persona umile viene assimilata ad “essere un poveretto”, un individuo senza qualità e privo degli “attributi” necessari a primeggiare nell’agone sociale.
L’ostentazione, essere “pieni di sé”, viene invece elogiata.
L’umile è invece una persona “piena in sé”, che non ha bisogno di dare a vedere niente, non deve dimostrare ciò che non è.
L’umiltà è l’attribuzione di base di una persona equilibrata che sa riconoscere (e non li nega affatto) le abilità, i talenti e le qualità, in se stessa e negli altri, ma ha chiarezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità.
L’umiltà infatti non consiste nel considerarsi inferiori agli altri, ma nel liberarsi della presunzione della propria importanza.
L’umiltà è un modo di essere non di apparire. Umile non vuol dire affatto essere mediocre.
Quando si relaziona, l’umile si presenta per come realmente è. È in pace con se stesso.

L’umiltà della Persona vera è la negazione dell’ostentazione, è il gesto misurato, persino schivo dal pubblico riscontro, di chi ha piena consapevolezza delle finalità dei suoi pensieri e delle sue azioni.
È uno stato di semplicità naturale in armonia con la propria vera natura, che consente di godere il piacere del momento presente.
La Persona non aspira alla grandezza, intesa come misura del Sé, conosce il suo valore, non ha bisogno che qualcuno dia il voto a ciò che fa, non dipende dall’apprezzamento degli altri.
Quando riceve riscontro delle sue virtù le riconosce ma non si esalta.
Ringrazia senza falsa modestia e prova gratitudine verso la vita, per aver potuto far parte della sua evoluzione.
La vera umiltà è propria della Persona che ha raggiunto un giusto equilibrio e non ha bisogno di esibire se stessa.
Non ha bisogno di rappresentare una facciata posticcia, una scenografia di sé, un’immagine imbellettata di qualità e attributi che non gli sono propri.
Con l’orgoglio narcisistico diventiamo fasulli, artificiali.
L’umiltà ci riporta con i piedi per terra e ci restituisce più veri.
L’umiltà autentica è la manifestazione sociale del rispetto vero verso tutti gli esseri umani, considerati come pari.

Mi riferisco evidentemente all’umiltà vera, non alla falsa umiltà dei timidi, dei pavidi o dei fanatici della solidarietà, che nascondono i loro desideri grandiosi nelle loro gesta di apparente abnegazione, di “superiore” bontà o altruismo.
La falsa umiltà è la maschera che indossano i “buonisti di facciata”, quelli che ammantano i gesti da “persone-per-bene”, continuando tranquillamente a mantenere la convinzione profonda della propria superiorità.
Oppure quella degli intellettuali e degli ipocriti che fingono contrizione, dietro una facciata che nasconde un sentimento di superbia e di disprezzo altrui.
Questa umiltà è il risvolto nascosto del narcisismo, sempre avido di rispecchiamenti e di riconoscimenti sociali.
L’umiltà vera è l’antidoto del narcisismo, una presunta grandiosità che è solo il segno di un sottostante, penoso, sentimento di inferiorità.

Umiltà e grandezza

“Il grande cammina con il piccolo. Il mediocre si tiene a distanza”.
(R. Tagore)

“Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo”, dice Sant’Agostino.
L’adulto maturo contiene in sé il bambino che è stato.La grandezza comincia dal piccolo.
Se non si fanno bene le cose piccole, è difficile pensare di fare la cose grandi.
La superbia non poggia su niente.
È il segno dell’invidia, la manifestazione reattiva ed impotente di fronte alla vera grandezza.
È solo la maschera di un’umanità deviata dal suo corso.
E se dunque qualche volta, anche solo per un attimo, ci dimenticassimo di quell’Io assillante e iniziassimo semplicemente a vivere?!
Finalmente liberi di essere se stessi, di confrontarci, fino a confonderci con gli Altri.
Dall’Io, come persona autonoma, intera e coesa, passare all’Io-e-Tu, per diventare gioiosamente Noi!
Persone in relazione ad altre persone, con parità, reciprocità e simmetria.

L’Io e gli Altri

“Una persona inizia a vivere quando impara a vivere al di fuori della prigione del suo Ego.”
(A. Einstein)

C’è un equivoco di fondo nella nostra vita.
Da un lato viviamo esasperatamente come se fossimo al “centro del mondo”, abbarbicati alla nostra presunzione e saccenza.
Dall’altra siamo ipercritici, mai soddisfatti di noi stessi e del mondo.
Raramente sento discorsi o ragionamenti che non inizino per “IO”.
L’EGO di ognuno di noi è diventato ipertrofico, esagerato, megalomanico.
Gli altri non esistono, sono spettatori per la nostra rappresentazione, al massimo possono fare da coro.
È così che l’Ego diventa uno scafandro nel quale ci nascondiamo, una maschera opprimente con la quale ci manifestiamo.
Il culto dell’Io ha soppiantato quello di Dio.
Ognuno crede di essere il centro del mondo, quando in realtà siamo soltanto una parte esigua, infinitesimale del Tutto.
L’Io narcisistico soffoca la Persona, che non può mostrarsi, non ha mai il tempo per svelarsi con la sua autenticità da dietro la maschera.
”La prima persona singolare, quel dispettoso Io, non è né prima, né persona, né singolare.” (J. Hillman).
Di fronte all’immensità dell’universo e alla complessità della nostra vita, ha veramente dell’incredibile la centralità che la maggior parte della gente attribuisce a se stessa nei confronti delle cose del mondo.
Nell’Universo ci sono cento miliardi di galassie e nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle: pensare di essere al centro di tutto è veramente assurdo.
È come se non si avesse coscienza alcuna di tale incommensurabile sproporzione.

Non sto parlando della capacità di fare della propria esistenza il baricentro per vivere e dare il proprio apporto alla vita, in pienezza e responsabilità, che è il principale scopo comune della nostra esistenza sociale. Tutt’altro.
Dico semplicemente che molte persone “dimenticano” di essere polvere infinitesimale in rapporto al Tutto. La terra non gira intorno al sole ma intorno a loro!
Pensano, agiscono e si propongono come fossero “l’ombelico del mondo”.
Vivono sostanzialmente in un egocentrismo e in una “presunzione” al limite del delirio megalomanico.
Queste persone sono in genere arroganti, autoreferenziali, scarsamente critiche.
Poco dotate di ironia, non conoscono l’umiltà.
“Ogni volta che iniziamo a pensare di essere il centro dell’universo, l’universo si gira e dice con un’aria leggermente distratta: Mi dispiace. Può ripetermi di nuovo il suo nome?” (M. Maron).

In tutto ciò manca l’Amore autentico, di sé, degli altri, della vita.
Dobbiamo allora recuperare una maggiore umiltà e il rispetto per tutto ciò che ci circonda.
Dovremmo soprattutto ricordarci che la vita è fatta da noi, ma anche dagli altri.
Dagli Altri soprattutto…

“Ascolta, senza giudicare.
Comunica, senza prevaricare.
Ama, senza pretendere.
Vivi, senza riserve.”
(R. Calia)

Dal narcisismo alla Persona

“Il verme, se calpestato, si arronciglia. È la sua saggezza. Riduce in tal modo la probabilità di venire calpestato di nuovo. Nel linguaggio della morale: umiltà.”
(F. Nietzsche)

Si può essere umili per virtù personale, non necessariamente dopo essere stati calpestati, come richiama l’aforisma di Nietzsche.
Ma si può anche “apprendere” a ritornare umili tendendo a bada il nostro narcisismo smodato, che non è quello “sano” di una giusta autostima, ma quello “malato” che ci spinge incessantemente verso il rispecchiamento e l’approvazione degli altri.
Per imparare a farlo dobbiamo saperlo riconoscere in ogni sua manifestazione: il narcisismo non può essere semplicemente estirpato dalla nostra esistenza, perché è costitutivo della nostra natura; dobbiamo invece trasformarlo in un maturo amore di sé, che è la base per un riconoscimento simmetrico e paritario degli altri.  Da questa trasformazione, dal passaggio dall’egoismo solipsistico all’amore altruistico, dipende l’uscita dal narcisismo patologico e l’evolversi della Persona.

Ecco una lista di esercizi con cui possiamo mettere in pratica l’umiltà, nei nostri sentimenti e nel nostro agire quotidiano.

  • Parlare il meno possibile di noi stessi.
  • Rifiutare di immischiarci negli affari degli altri.
  • Accettare serenamente le contraddizioni, gli sbagli e le correzioni.
  • Passare sopra agli errori altrui.
  • Tollerare attacchi e conflitti.
  • Accettare che possiamo essere disprezzati, dimenticati e non amati.
  • Non cercare di essere apprezzati ed ammirati ad ogni costo.
  • Rispondere con gentilezza anche se provocati.
  • Non calpestare mai la dignità di nessuno.
  • Rinunciare alla discussione inutile, anche se si sa di aver ragione.
  • Scegliere sempre ciò che è più difficile.

Tranquilli, nessuno può avere tante virtù personali!
È un elenco di comportamenti tratti dall’insegnamento di Madre Teresa di Calcutta.
Sono suggerimenti che sanno più di santità che di umiltà, ma possono pur sempre rappresentare un riferimento personale, una prospettiva verso cui tendere, per recuperare la serenità e la quiete individuale.

Un esempio di umiltà e grandezza: Gesù

“Umile è chi ha le ali, ma cammina…”

Come sappiamo dai Vangeli, la domenica delle Palme ha segnato un momento di tripudio per Gesù, la glorificazione della sua Persona, dopo anni di persecuzione e di profonda incomprensione.
Gesù sale su un asinello che si inerpica sul fianco della collina, sulla strada che costeggia le imponenti mura, per entrare nella città santa.
Gesù entra nella città che uccide i profeti.
La gente lo riconosce, alcuni bambini gli corrono incontro, alcuni tagliano rami di palma e di ulivo, qualcuno grida “osanna”.
Arriva dal monte degli ulivi, perché di là sarebbe arrivata la salvezza, cavalcando un puledro d’asina, un ciuchino, non un cavallo bianco bardato.
Qualcuno potrebbe dire: non si prende sul serio, il Signore, un “potente” che non si prende sul serio. La grandezza associata all’umiltà!
È l’ennesima lezione di vita di Gesù, una lezione etica per questa vita terrena, prima ancora che per la Salvezza spirituale.
Una lezione evidentemente dimenticata ai giorni nostri, in un mondo profondamente zavorrato alle cose materiali e poco avvezzo allo Spirito.

Oggi l’umiltà è osteggiata, disprezzata come difetto, essere umili viene identificato con l’essere insignificante, inferiore.
Nello scenario sociale l’Essere è stato soppiantato dall’Apparire, l’essenza oscurata dall’apparenza.
Come abbiamo visto, la vera umiltà consiste nella capacità di liberarsi della presunzione della propria importanza.
È sostanzialmente un modo di essere non di apparire.
L’umiltà è propria della Persona che ha abbandonato l’illusione di essere superiore agli altri, una persona che ha raggiunto un giusto equilibrio nella relazione con se stessa, gli altri e il mondo.
La falsa umiltà è invece la maschera che indossano quelli che non hanno saputo fare i conti col proprio narcisismo, e continuano a coltivarlo ipocritamente come convinzione profonda della propria  superiorità.
Molti di quelli che osannarono il Signore seduto sull’asinello, sono gli stessi che, dopo appena cinque giorni, grideranno: “Sia crocifisso!”…
Oggi più che mai dobbiamo augurarci di ritrovare un giusto equilibrio fra umiltà e realizzazione, dentro e fuori di noi, nella relazione con noi stessi e con gli altri, ma soprattutto di saperlo mantenere più stabilmente nella nostra vita.

“Maestro, quando si è certi di aver raggiunto l’umiltà?”
“Quando si smette di far questa domanda”.

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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