L’equivoco dell’amore

Mezze mele e persone intere

Un rapporto di coppia è come un giardino. Per crescere rigoglioso deve essere annaffiato regolarmente. Ha bisogno di cure particolari a seconda delle stagioni e del clima.
(J. Gray)

L’amore è il tema più dibattuto dell’universo. Per questo è intriso di mitologie, leggende, credenze, narrazioni. E anche di molte sciocchezze! E’ uno dei più drammatici “equivoci” della nostra cultura.
La convinzione radicata è che l’amore sia talmente naturale che quando arriva non ci sia null’altro da fare che assecondarlo, prenderlo come viene, lasciarsi guidare.
È vero che l’amore romantico o passionale (che poi è più corretto chiamare “innamoramento”) è una delle cose più naturali che esista, equiparabile al sorgere spontaneo dei papaveri nei campi a primavera.
Quindi perché porsi problemi? Perché non lasciar fare la “natura”?
La realtà è che l’amore maturo fra due persone, che dovrebbe essere l’evoluzione favorevole dell’innamoramento, non è esattamente solo una faccenda naturale (fondata biologicamente), ma è frutto dell’intreccio fra due “entità” complesse che sono appunto i due innamorati di turno, con i loro rispettivi bisogni, desideri, sentimenti, convinzioni, valori, pregiudizi.
Quando due esseri umani, sull’onda della spinta biologica, si interessano profondamente l’uno all’altro è già in atto un processo biunivoco di proiezioni reciproche, aspettative, illusioni, fantasie, progetti grandiosi.
Qualcosa che è tutt’altro che lineare, logico e razionale.

Il mito platonico dell’amore

A complicare le cose ci si mette Platone con il mito dell’amore come “mezza mela” che cerca il suo completamento con la sua metà speculare.
“Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non vi era la distinzione fra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all’antica perfezione”.
Divisi a metà, come una mela, da quel momento vissero in una condizione lancinante, poiché sentivano l’insopportabile e inappagante mancanza della loro vecchia metà. Ogni “pezzo della mela” cominciò a cercare la parte che un tempo gli apparteneva e dopo averla trovata si ricongiungeva a lei. L’unico scopo di queste “mele disperse” era stare nuovamente insieme.
Una “boiata”pazzesca (Fantozzi direbbe di peggio…). Provate a mettere insieme due mezze mele. dopo qualche ora avrete in realtà una intera mela “marcia”, immangiabile!

L’amore fra due persone nasce certamente come un “mistero” inesplicabile preventivamente (forse solo molto dopo l’iniziale esperienza riusciamo a cogliere il perché di quell’amore), ma non è un fatto né naturale né scientifico, è più un’arte che bisogna imparare a praticare.

Dall’innamoramento all’amore maturo

Nell’innamoramento iniziale i due partner vivono uno “stato nascente” entusiasmante ma pur sempre “irrazionale”, una sorta di “follia a due”, in cui ciascuno pensa che l’altro sia il “migliore del mondo”: sostanzialmente un delirio!
Il passaggio all’amore maturo implica il mettere in atto, con pazienza e discernimento, tutte le capacità di relazione di cui siamo dotati, al momento in cui stiamo vivendo quell’esperienza. La maturità e l’equilibrio delle personalità rispettive dei due partner è cruciale in tal senso.
Affinché il rapporto, che nasce apparentemente senza regole, si incanali in un registro a due fatto di accettazione, parità, reciprocità e simmetria, dobbiamo essere capaci di “coltivare” il neo-nato sentimento, facendolo sviluppare solido e rigoglioso sul “terreno” giusto.
Parità, simmetria e reciprocità significano che il rapporto deve permettere ad entrambi i partner di camminare fianco a fianco, senza sbilanciamenti, senza che uno dei due traini tutta l’esperienza anche per l’altro, illudendosi che la luna di miele duri in eterno.
Alla prima crisi (che in genere interviene proprio quando uno dei due si ritrae un po’, sententosi soffocare dall’abbraccio simbiotico dell’innamoramento), c’è la resa dei conti.
Se il rapporto è nato e si è sviluppato asimmetricamente, se non c’è parità, quello che ha dato di più, “pretende” un risarcimento, chiede di essere ricambiato, chiede di essere riamato.
Ma trova l’altro arroccato sulla sua posizione privilegiata di essere amato senza dover ricambiare.

“Un rapporto fondato nell’amore è quello in cui l’uno permette all’altro di essere ciò che vuole, senza attendersi né pretendere nulla; è la solidarietà di due persone che a tal punto si amano, che mai e poi mai l’una vorrebbe che l’altra fosse ciò che spontaneamente non sceglierebbe di essere” (W.W. Dyer).

Al di là della fase dell’innamoramento, in cui i due partner vivono una sorta di “delirio a due”, con l’illusione di reciproca perfezione , passata la luna di miele, ciascun componente si riprende la propria individualità e la difende strenuamente dal tentativo di “fusione simbiotica” con l’altro partner. Da quel momento, si innesca una “lotta mortale fra i sessi” (Nietzsche), in cui ognuno cerca di trasformare l’altro, secondo i propri bisogni. 
La possibilità di sopravvivenza della coppia si fonda sulla capacità di entrambi i partner di modulare la distanza fra i momenti simbiotico-fusionali e le esigenze di autonomia personale di entrambi.
Se prevale il bisogno di uno dei due partner di “piegare” l’altro secondo le proprie aspettative, la coppia rischia seriamente la rottura. Solo la capacità di entrambi i componenti della coppia di “stare in piedi da soli”, consente di tollerare le differenze caratteriali presenti nella coppia, non vedendole come minaccia, ma come arricchimento reciproco e simmetrico.
La trasformazione dall’innamoramento all’amore maturo implica il superamento della dipendenza impellente dai bisogni, verso la costruzione di una relazione fondata sul desiderio.
Stare insieme non come “necessità”, ma come “lusso”.

Dal narcisismo all’amore maturo

Il bisogno di essere amati è connaturato all’essere umano, è prima biologico, poi psicologico.
Nell’infanzia, più o meno appropriatamente, veniamo amati dai genitori e questo ci conferma la nostra propensione a “dover” essere amati.
Ma da adulti questo diritto non ci è riconosciuto, non ci è dovuto. Nessuno “deve” amare un altro, l’amore o c’è o non c’è, non si deve chiedere mai, tanto meno “pretendere”.
E invece, quanto più il bisogno infantile è stato deluso o frustato, tanto più diventiamo adulti che pretendono di essere amati, di essere ammirati, di essere al centro del mondo (da qui il deficit primario delle personalità narcisistiche).
Questo bisogno, questo “difetto fondamentale”, vissuto come un “vuoto nello stomaco” non può più essere colmato “ora per allora”, nessuno è tenuto a risarcirci per quello che non abbiamo avuto in precedenza.
Se io mi innamoro di una persona, l’accetto per quella che è, certo anche con i suoi difetti, i “buchi” interiori, ma non mi spetta ripagarla dei debiti contratti con altri (originariamente i genitori). Posso amarla intensamente qui ed ora e questo dovrebbe bastare.

Ma chi ci potrà allora ripagare dei bisogni inappagati che ci portiamo dentro? Nessun’altro che NOI STESSI. Perché se non impariamo, con dedizione e compassione, se non siamo disposti ad amarci noi per primi, come possiamo pensare di essere amati da un altro?
Se non ho un minimo di autostima, chi mai dovrebbe amarmi? Qualcuno mi ama forse avendo capito che non “valgo nulla”?
Imparo dunque ad amarmi, mi concepisco come un mela intera, che non cerca nessuna metà per completarsi.
Non dipendo ossessivamente da nessun altro che deve colmare il mio vuoto, divenuto più tollerabile.
La capacità di stare da soli (in compagnia di se stessi) è la base vera della capacità d’amare.
Perché l’amore dell’altro non è più necessario come un bisogno vitale, una dipendenza, una mancanza penosa, ma un sentimento che ci arricchisce e ci riempie reciprocamente di valore.
Ecco perché quando si ama una persona, viene spontaneo chiamarla “tesoro”!
Il mio impulso infantile d’amore si è trasformato in desiderio di complementarietà.
Da bisogno infantile si è evoluto in desiderio adulto. Riconoscendo pari dignità all’altro, sono propenso ad amare io per primo, a mostrare il mio interesse, senza remore, né aspettative salvifiche.

In una relazione d’amore matura vale la regola che “chi dei due ama di più deve star fermo”, deve cioè dare il tempo all’altro di provare i suoi sentimenti ed essere pronto a ricambiare, passo dopo passo, un gradino alla volta, in una scalata lenta, graduale e contestuale che porta alla cima del ritorno al “giardino dell’Eden”.
Per questo amo per primo, ma aspetto che l’altro sia disposto a camminare insieme a me, per un altro tratto della mia e della sua vita, che diventa cosi magicamente la “nostra” vita.
L’esperienza del NOI è l’elemento fondamentale dell’amore maturo, dove i due membri della coppia amorosa (Io e Tu), conservano la rispettiva identità, dopo l’iniziale annullamento (fusione) nell’innamoramento.
Io scelgo l’altro non per un bisogno vitale, ma per un arricchimento complementare. Non ne dipendo drammaticamente al punto di considerare “mortale” la separazione dal partner, ma desidero ugualmente legarmi all’altro, con convinzione e consapevolezza.

L’amore maturo diventa così una gioiosa e paradossale “libera schiavitù reciproca”. Implica l’acquisizione di una raffinata “arte della coltivazione”, in cui è essenziale la capacità di tenere viva la “tensione relazionale” fra i due partner, sapendo modulare l’interesse, la condivisione e l’autonomia personale in un’abile, reciproco e simmetrico “pathos della distanza”, che è l’evoluzione benigna dell’iniziale innamoramento immaturo.
Solo in tal modo un rapporto di coppia duraturo mantiene viva la passione, evitando la disillusione e l’inevitabile declino in quello stato di “coppia istituzionale” che è comunemente designato come “la tomba dell’amore”.

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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Commenti

  1. Giuly  Gennaio 30, 2024

    Siamo tutti stufi di sentir parlare di autostima! Alla maggior parte della gente l’autostima non manca , le persone per lo più non sono “bisognose” nel senso di strisciare sulle ginocchia per avere l’amore. Ma parlare di “dipendenza” è assurdo. Di fatto noi abbiamo bisogno di un sacco di cose, di mangiare, di dormire, e se guardiamo a cose più “fini”, di godere di bei paesaggi di bearsi di fronte all’arte, alla musica…E cosa c’è di più bello dell’amore? Quindi si smetta di parlare di “dipendenza”: o volete creare tanti robot anaffettivi? Personalmente sono fiera di saper amare, e quindi di essere una persona sensibile e intelligente, che cerca una vita appagante in tutti i sensi.

    rispondere

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