Il bambino interiore

L’adulto e il bambino

“La maturità di una persona consiste nell’aver trovato di nuovo la serietà che aveva da bambino quando giocava.” (F. Nietzsche)

L’opinione comune identifica l’essere adulto con la seriosità. La gioia, il piacere del gioco sarebbero cose da bambini, infantili appunto. Contrariamente a ciò che comunemente si pensa, la persona matura non è identificabile con un individuo “perbene”, serioso e accigliato, assorbito dai compiti gravosi della vita.
Il vero adulto invece è una persona che ha saputo andare oltre l’individuo comune, è realisticamente gioioso, non si fa incantare dai pregiudizi del mondo e non si fa ossessivamente guidare dal mito della felicità e del successo a tutti i costi. È capace di affrontare le difficoltà con la giusta determinazione, recuperando facilmente il senso dell’equilibrio e la serenità interiore.

Che ci piaccia o no, il bambino che eravamo un tempo continua a sopravvivere dentro il nostro “guscio” di adulto. Siamo simultaneamente il bambino che siamo stati, che vive nell’atmosfera emotiva del passato, e un adulto che cerca di vivere totalmente immerso nella realtà contingente del presente, cercando contemporaneamente di dimenticare il passato e di proiettarsi nel futuro.
Il bambino che siamo stati interferisce costantemente nel presente, spesso può impedirci di vivere con pienezza molti aspetti della nostra realtà. Può intralciarci, frustrare le nostre soddisfazioni da adulto, imbarazzarci e tormentarci, farci ammalare oppure al contrario arricchire la nostra vita.

“Sarebbe bello parlare con i bambini che eravamo e chiedere loro cosa pensano degli adulti che siamo diventati.” (G.F. Gabanhia)

Quando il “bambino interiore” (la nostra parte infantile, l’innocenza originaria, il bambino che siamo stati) non comunica più con la parte adulta, quando non lo “sentiamo” più, vuol dire che qualcosa non è andato bene nel nostro sviluppo. Non siamo integrati.
La Persona adulta e matura è fatta di diverse “parti”, aspetti che da angolature diverse ci rappresentano e che vanno “contenuti” (tenuti insieme). L’equilibrio mentale è nient’altro che la ricomposizione delle diverse sfaccettature della nostra identità. Quando ci manca il senso di coesione e saldezza del Sé, è inutile chiedere al nostro bambino interiore cosa pensa dell’adulto che siamo diventati, perché sicuramente non ne ha una bella opinione! Ciò vuol dire che si è creata una scissione con il nostro passato, non c’è armonia ed equilibrio nella linea della nostra vita.
Il bambino dell’infanzia è bloccato, impaurito, triste e piagnucoloso. L’adulto ha perso la fonte energetica della gioia e della fiducia (che ci deriva proprio dal passato, dalle prime esperienze della vita). Tocca a noi recuperare “psicologicamente” questo rapporto, snidare quel bambino dal suo rifugio, prenderlo per mano e riportarlo alla luce, vincendo le sue paure e le sue ritrosie ad affrontare il mondo. Il recupero del vero Sé avviene solo riconciliandoci con il nostro nucleo profondo, originario, che coincide con il bambino che siamo stati.

Le vicende della vita possono aver deluso, ferito, frustrato, qualche volta traumatizzato questo bambino, che ora rappresenta la parte basilare della nostra identità intera; una parte essenziale del nostro Sé che percepiamo come debole, ipersensibile, inadeguato, e che perciò teniamo nascosto, separato dalla nostra realtà di adulti, “adattati” al mondo esterno. È un modo per proteggerci dalla nostra (presunta) fragilità, che ci costringe ad erigere un muro, una corazza difensiva compensatoria: facciamo di tutto per nascondere (anche a noi stessi) i nostri timori, i nostri veri sentimenti, ostentando una facciata, un falso Sé, spesso smaccatamente opposto a ciò che intimamente “pensiamo di essere”.
Da questa carenza, da questo “difetto fondamentale” nasce il narcisismo, la necessità di ostentare la nostra (altrettanto presunta) grandiosità, la nostra megalomania. Ossia l’ossessiva centralità del nostro Io, che si sbraccia per apparire un gigante, sentendosi intimamente un nanetto!

Guarire le ferite del passato

Per guarire, per vincere il senso di perenne inadeguatezza e la profonda solitudine che ci affligge, dobbiamo prenderci cura del bambino interiore che è in ciascuno di noi. Guardarsi allo specchio (letteralmente), con simpatia e imparare a dirsi tutto, in bene e in male; recuperare senza barare le nostre emozioni autentiche e il senso profondo di noi stessi.
Dietro la corazza da adulti che indossiamo c’è un bambino che rivuole la sua vita. Togliamo la corazza ogni volta che possiamo. Impariamo che non abbiamo bisogno di corazze per essere al sicuro, scaviamo tra gli strati di apparenza che ci siamo creati per difenderci, e scopriremo di nuovo il nostro vero Essere: i suoi sogni, la sua capacità di emozionarsi, di vivere la vita istante per istante con gli occhi pieni di curiosità, di gioia e di passione.

Il riferimento al “bambino interiore” è simbolico, ma inizialmente si può intendere in senso effettivo, per aiutarci a rintracciare le nostre ferite infantili, recuperando l’immagine, i ricordi e le vicissitudini del bambino che siamo stati. Dobbiamo percorrere un cammino a ritroso per rassicurare questo bambino dai timori e dai condizionamenti che ha subìto, ridandogli la fiducia necessaria per ritornare insieme a noi ad affrontare la vita con la gioia, il coraggio e la libertà di essere pienamente se stessi.
Quando il nostro bambino interiore ritrova fiducia, quando ritrova un po’ di felicità (non si sente più ferito, arrabbiato e rancoroso), anche noi possiamo ritrovare nel presente un positivo senso di Sé. La prospettiva della nostra vita non ci appare più piatta, seriosa e tragica, ma portatrice di “gioia”, che è la più vera e realistica unità di misura della capacità di vivere.

La persona sana e matura è allora un adulto che ha saputo recuperare il suo “bambino interiore”, riconciliandosi con il suo passato. Anziché “ammazzare” quel bambino che era stato, oppure trascinandoselo segretamente come un bambino spaventato e piagnucoloso, lo prende per mano e fiduciosamente lo porta a spasso per la vita.
Se ne prende cura e lo accompagna a ritrovare insieme la capacità di gustare la vita, con la consapevolezza che la gioia che deriva dall’infanzia è il volano necessario per assaporare la vita nella sua normale quotidianità. La capacità di godere, in modo semplice e diretto, delle più piccole cose è il segno più tangibile di questa raggiunta maturità, che si conquista rinnovandola momento per momento.
Guarire le ferite di un’infanzia difficile è possibile ed è necessario se vogliamo ritrovare un sentimento “sufficientemente adeguato” di noi stessi, come persone intere e in sintonia con se stessi e il mondo. Il bambino interiore “risanato” è il vero “padre” dell’adulto che è diventato Persona.
Perché ciò avvenga, dobbiamo essere disposti a mettere in discussione il nostro modo di “sentirci adulti”, adattati faticosamente ad un mondo che ha rinnegato la gioia della semplicità, barattandola con una promessa di illusoria felicità, cambiare quel tanto che è necessario affinché il bambino che siamo stati non provi più vergogna per l’adulto che siamo diventati.

“Son dovuto passare attraverso tanta sciocchezza, tanta bruttura, tanto errore, tanto disgusto, delusione e dolore, solo per ridiventare bambino e poter ricominciare da capo” (H. Hesse).

La personalità matura ed integrata non è dunque quella di un adulto serioso, rassegnato e incapace di ridere, ma quella di una persona luminosa, che ha recuperato il rapporto interno con il bambino della sua infanzia e sa conservarlo nella sua vita da adulto, utilizzandone tutte le potenzialità, l’energia e la capacità di gioire ed amare.

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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