Guru

Guru e maestri

“Non si può insegnare niente ad un uomo: si può solo aiutarlo a trovare la risposta dentro se stesso.”
(G. Galilei)

In ogni epoca della civiltà ci sono stati individui particolari, che hanno assunto di volta in volta il ruolo di soccorritore, di guaritore, di guida cui gli altri uomini si rivolgono per consiglio.
Ognuno di questi è il prodotto delle esigenze del suo tempo, spende la sua funzione per un momento storico, poi viene superato; e dalle sue ceneri nasce un nuovo guru.
In ogni percorso di conoscenza, se non si confonde l’apprendere con il diventare consapevoli, il “ricercatore spirituale” impara fondamentalmente che nessuno può insegnargli nulla.
Scopre in sostanza che “non sapeva di sapere” e che questa “conoscenza non saputa” ha sempre fatto parte della sua vita.
La verità è che non esiste nessuno all’infuori di noi che possa essere il padrone di noi stessi.
Nessun uomo è più grande di un altro.
Impara dunque che per ognuno di noi la vita è di per sé una ricerca, un pellegrinaggio spirituale, un esilio senza fine.

Svelamento

”L’unico vero maestro non è in nessuna foresta, in nessuna capanna, in nessuna caverna di ghiaccio nell’Himalaya. È dentro di noi” (T. Terzani)

Nessun maestro, guru, terapeuta può insegnarci nulla che non sia già nelle nostre corde, non appartenga alle nostre possibilità.
Non può essere altro che il catalizzatore di un processo che si attiva nella nostra mente.
Una riattivazione che coinvolge non solo la ragione ma anche i sensi.
Ogni volta che apprendiamo o scopriamo qualcosa, in realtà non troviamo mai nulla di nuovo.
Ogni scoperta, ogni nuova conoscenza è in qualche modo una ri-scoperta.
Era là, davanti ai nostri occhi, aspettava solo di essere trovata.
“Potenza” che può divenire finalmente “atto”, potenzialità che si realizza (diventa reale).
Quello che ci appare come nuovo è di fatto uno svelamento, una rappresentazione diversa di memorie, emozioni, affetti, idee che erano latenti in noi.
Un rinvenimento di ciò che in qualche modo era già dentro di noi e aspettava soltanto di essere “nominato”.
E dunque una “conferma”. È il fiore della consapevolezza che sboccia dal suo seme.
Come “sostanza” che prende “forma”. Era lì, nella nostra coscienza, anche se non lo sapevamo.
Era il “conosciuto non pensato” che può finalmente affiorare come pensiero, per essere tradotto in conoscenza e azione.
“Nessuno può insegnarvi nulla, tranne ciò che già sonnecchia nei prati della vostra conoscenza” (K. Gibran).

In ciascuno di noi è dunque potenzialmente latente tutta la sapienza necessaria a vivere e a far evolvere la nostra esistenza e il mondo.
Ma l’intero processo di individuazione, da quando siamo infanti, poi bambini, quindi giovani ed adulti, sembra fondarsi sulla rimozione, sull’oblio di questo “sapere originario”, di questa “potenzialità universale”.
L’educazione, la cultura, il sistema di potere fanno di tutto per favorire questo “torpore” fino a farlo diventare, nei più, coma profondo.
Si crea così una frattura invisibile fra la nostra parte cosciente e il Sé profondo, una rimozione verticale che si trascina per tutto il nostro percorso di vita, limitando fortemente la consapevolezza di sé, delle relazioni e di ciò che ci circonda.
Diventiamo “ignoranti” di ciò che siamo autenticamente, nella nostra natura profonda.
Ma ciò che viene ignorato non solo non scompare, continua anzi ad agire dentro di noi, sottratto alla nostra disponibilità e quindi non più allineato al nostro scopo di vita.
Siamo come in stand-by e bisognosi di un “riavvio” totale: cognitivo, affettivo, emotivo, esistenziale.
Mentre viviamo, dobbiamo imparare a vivere e a conoscere il mondo, come un musicista costretto ad esibirsi in un concerto mentre ancora sta imparando a suonare.
Per vivere appieno la nostra vita, per realizzare i nostri sogni dobbiamo allora “svegliarci”, attingendo a tutto ciò che c’è da sapere, nel solo luogo dove si trova relegato: dentro noi stessi!

Maestri ed allievi

“Il maestro, se egli davvero è saggio, non vi invita ad entrare nella casa della sua sapienza, ma vi guida sulla soglia della vostra mente” (K. Gibran).

Un vero maestro, saggio e consapevole, non è un erogatore di sapienza, un erudito che inonda di conoscenze teoriche, ma sostanzialmente una “guida” che invita a varcare la soglia della propria mente, a inoltrarsi nella “selva oscura”, nei meandri della propria interiorità profonda.
La “compassione” profonda (cum patire, soffrire insieme), che caratterizza il rapporto fra “maestro e allievo”, in questo comune viaggio è riconoscere in ogni altro uomo un compagno di strada.
Compagni di una medesima avventura, in cui il Maestro ha semplicemente imparato prima dell’allievo che non c’è alcun segreto magico da insegnare che possa dare certezze una volta per tutte.
Nella vita non c’è trucco né inganno: ognuno impara a proprie spese ad affrontare la vita, contando essenzialmente su se stesso.
Nessun maestro, nessun guru, nessun terapeuta ti insegna altro che questo.
“Se incontri per strada il Buddha uccidilo”, recita un antico detto zen: il segreto è che non c’è nessun segreto da imparare.
Che sostanzialmente significa andare oltre il mito del maestro, del guru, dell’esperto (ai nostri giorni: dei saccenti e dei saputelli!).
Significa rinunciare all’illusione che un altro possa indicarci il cammino, abbandonare per sempre l’idea che qualcun altro possa assumersi la responsabilità della nostra vita.
Una volta accompagnato fino all’angolo della strada, tocca a te svoltare e proseguire fiducioso il tuo cammino.

Il mio maestro è un genio
dal multiforme aspetto.
Padre, saggio, musicante,
poeta maledetto.
Lo vidi gettare sillabe
nella nebbia di un bimbo vacillante;
lo udii intonare versi di pace
su una folla impazzita.
Lo incontrai davanti a sguardi dubbiosi,
imbastire formule sul senso della vita;
lo ammirai uscire sorridente
da nembi minacciosi
vestito di nuove verità.
Scomparve un giorno senza dire niente,
un solo mormorio sfumato nell’orecchio:
“Se hai bisogno di me
guardati allo specchio!”.

(cit. riel. personale)

Terapeuti e pazienti

Il guru odierno sembra essere diventato lo psicoterapeuta (psicologo, psicoanalista o psichiatra che sia).
Anche un buon terapeuta, quando non si trincera nel ruolo di specialista esclusivo della mente, aiuta il paziente a svelare il “segreto che non ci sono segreti”.
Ogni rapporto terapeutico in origine è necessariamente asimmetrico, fra una persona che soffre e chiede aiuto e una persona che decide di farsene carico.
Ma se la relazione è stata favorevole e positiva per entrambi, si conclude con la trasformazione in un rapporto simmetrico, da persona a persona, fra due persone cioè che possono riconoscersi come pari.
In tal senso anche la loro separazione diventa giusta, inevitabile perché evolutiva e non distruttiva.
“Il vero maestro non è colui che lega, ma colui che libera” (F. Battiato).
La conclusione di una analisi diventa vitale e non mortale, proprio perché va incontro alla vita.
Non è un lutto, come in genere viviamo gli inevitabili distacchi che affrontiamo nella nostra esistenza.
Liberi dal legame, terapeuta e paziente, ciascuno va incontro al proprio destino.
Maestro e allievo, ciascuno da sé devono affrontare la propria esistenza, con la propria responsabilità e la propria autonomia.
E nessuna certezza prefissata di quale sarà l’esito del rispettivo cammino.
“Maestro non è chi insegna qualcosa, ma chi ispira a dare il meglio di sé per scoprire una conoscenza che la propria anima sa già” (P. Coelho).

Analisi finale

Il punto di partenza e di arrivo coincidono, in una magica circolarità.
La lezione ultima è che non c’è alcun segreto da imparare per vivere, se non quello di prendersi carico del proprio fardello e andare fino in fondo del proprio percorso, dopo aver trovato il coraggio di affrontare ogni ostacolo e ogni paura.
L’esperienza sostanziale è che devi imparare a stare in piedi da solo, conquistare la tua autonomia e indipendenza, come persona intera, non “a pezzi” (il corpo di qua, la mente di là …).
Non ci sono “mezze mele” da ricercare che ci completano, ma solo altre persone che hanno imparato anche loro a contare principalmente su se stesse.
Puoi farti aiutare, se vuoi (anzi, devi imparare a chiedere aiuto se non ce la fai: fa parte del percorso di crescita), ma il risultato non cambia.
Alla fine (che è sempre un nuovo inizio) tu e il tuo “maestro” (chiunque esso sia) dovete salutarvi alla pari, ognuno capace di vivere la propria vita.
Partendo da questo nuovo incontro fra pari come modello di rapporto fra le persone vere.
L’individuo è diventato Persona.

“Dipende da te e non da qualcun altro.
Perché di questi tempi non ci sono insegnanti, non ci sono leader, non ci sono guru, non ci sono maestri né salvatori.
Tu sei l’insegnante, lo studente, il maestro, il guru, il leader.
Tu sei ogni cosa, e capire è trasformare ciò che è” (J. Krishnamurti).

Anche se in questa decadente epoca sorge il dubbio atroce che questa trasformazione stia diventando sempre più rara.
“…. non sarà che a questo mondo ci sono sempre più individui e sempre meno persone?!” (Mafalda – Quino)

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Circa l'autore:

Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano
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