Il senso della vita
Il tuo compito è scoprire qual’è il tuo compito
e dedicartici con tutto il tuo cuore.
(Buddha)
Nessuno oggi sembra occupato (né pre-occupato) a cercare lo scopo della propria vita, il senso vero della propria esistenza personale.
Anche laddove c’è malessere e disagio psicologico, il desiderio si spinge al massimo a liberarsi dei sintomi e della sofferenza.
Non si avverte alcuna necessità di ri-trovare un senso, ma tutto al più solo l’intenzione di recuperare le “forze” per affrontare la realtà.
La motivazione ad intraprendere un percorso approfondito, tutto interno a se stessi, manca all’inizio, ma è inevitabile che si incontri in un serio lavoro psicoterapeutico, che non miri solo al sintomo ma alla radice del malessere.
Dietro ogni sintomo, ogni tipo di sofferenza, non ci sta solo la “spiegazione” clinica, scientifica, di quello specifico problema (che in ogni caso in terapia si affronta, per lenire il disagio e rafforzare l’alleanza terapeutica).
Man mano che si procede a “mettere ordine” nel proprio mondo interno, si scopre lentamente un silente vuoto interno, che fa prendere coscienza del senso di “mancanza” e di un bisogno di completamento.
Psicoterapia della consapevolezza
Tutte le sofferenze mentali che ho affrontato nella mia esperienza si riconducono a questo comune sentimento di mancanza e al desiderio sottostante, prima incoscio, poi progressivamente più cosciente, di colmarla.
Questo aspetto richiama più la dimensione spirituale dell’uomo, che non semplicemente quella psicologica o somatica.
Jung e Hillman parlano di anima oltre che di psiche.
È una sorta di “emergenza spirituale”, che nasce da un’inquietudine, da un bruciante desiderio di completezza, dal bisogno di dare risposta al mistero della propria identità.
Non basta quindi ricercare la “causa”, la spiegazione clinica dello star male.
Dietro il malessere c’è l’impellente necessità di ritrovare il “benessere” (spesso dimenticato o negato), che non significa più semplicemente “assenza di malattia” ma completamento, totalità dell’Essere.
Il lavoro psicologico profondo è come la ricomposizione di un grande puzzle, la cui soluzione consiste nel mettere i pezzi al posto giusto.
Spesso la soluzione avviene quando ci si accorge che il posizionamento di alcuni frammenti era solo apparentemente corretto, ma per giungere alla effettiva interezza del quadro e non rimanere con dei “pezzi” in mano, occorre spostare e riposizionare tutto il puzzle.
Una psicoterapia, quando evolve positivamente, porta ad un senso di completezza, di maggiore saldezza, ma soprattutto di coesione interna.
Il risultato finale non sempre corrisponde a quello che inizialmente il paziente pensava di dover semplicemente “risolvere”.
Star bene significa sentirsi “allineato”, con un senso di benessere psicofisico avvertito come “energia” che spinge verticalmente dal basso verso l’alto.
La persona non è più “sofferente” (come paziente ha avuto letteralmente “pazienza” insieme al terapeuta nel fare questo percorso!), è ora più profondamente consapevole, ha riconquistato la sua autonomia (non solo dall’analista, ma soprattutto dagli altri, nella sua realtà esterna), è in grado di riprendere il cammino interrotto della sua vita.
Il segreto è che non ci sono segreti, misteriosi o spaventosi, da svelare.
La terapia non consiste nel farsi “mettere a posto” (dal medico) le cose che non vanno, ma nel percorrere fino in fondo la “via della selva”, vincendo le paure e le resistenze, per ricercare dentro di sè quel senso, personalissimo e mai sovrapponibile a quello di nessun altro, che era “lì” (nel nostro più intimo e privato spazio del Sé) ed aspettava “solo” di essere riportato alla luce.
GIU
Circa l'autore:
Dr. Roberto Calia Psicologo Psicoterapeuta Milano